Erto Taigô Fumagalli, qui était présent au séminaire organisé par le Centre Européen du Bouddhisme Sôtô Zen des 17-19 octobre dernier m’envoie ce beau texte inspiré de la participation à ce séminaire et me permet de le reproduire ici. Si l’un d’entre vous peut le traduire, je posterais la version française illico, car c'est en italien! Erto vit à Lugano en Suisse. (Reproduit avec son aimable autorisation).

Dov’è finito Mozart

Le profezie che ci vengono prospettate nei capitoli nono e decimo del Sutra del Loto sono l’orizzonte verso il quale ci dirigiamo: Desidera ardentemente ciò che il Signore Buddha ti vuole concedere e te lo concederà; gioisci anche per un solo istante di un solo verso del Sutra del loto e conseguirai l’Anuttara-samyak-sambodhi, venera il Sutra e offri generosamente doni ai Budha del passato, del presente e del futuro, e conseguirai la Suprema condizione di Buddha perfettamente realizzato. In altre parole, fa quello che il Buddha si aspetta che tu faccia e lo scrigno del tesoro s’aprirà.

E cosa si aspetta, il Signore Buddha, che noi si faccia? Cosa ci suggerisce? Ci suggerisce di aver fede in lui, di credere in lui attraverso la celebrazione sua e della sua parola. Non altro ci prospetta il Signore Buddha, se non la Suprema condizione di Buddha perfettamente realizzato.

Una lettura escatologica di questi capitoli del Sutra del loto ci potrebbe far pensare che sarebbe sufficiente offrire con gioia, incenso, candele, fiori e canti, per ottenere in futuro la Suprema condizione di Buddha perfettamente realizzato. Una lettura allegorica, non solo potrebbe consolidare l’idea che con il trascorrere del tempo la nostra fede praticata ci farebbe accedere alla Suprema condizione di Buddha perfettamente realizzato, ma ci indurrebbe a razionalizzare, spesso in termini moralistici, ciò che il racconto sottende. I racconti del Sutra del loto sono parabole e come tali vanno lette: Non sottendono nulla, sono degli eventi del linguaggio, delle creazioni poetiche che irrompono con forza nella prassi soteriologica per scardinare la sicurezza di chi conta sulla stabilità delle tradizioni, la regolarità della pratica religiosa e persino la solidità delle istituzioni sociali.

Le parabole hanno un ruolo sovversivo, sono una provocazione urgente e ineludibile per chi l’ascolta o la legge, poiché li sottraggono dalla scansione del tempo apocalittico catapultandoli nel qui e ora, dove la Natura di Buddha regna.

Le parabole non sono da trattare come equazioni matematiche, non c’è nulla da risolvere, ma occasioni da vivere in modo sovversivo per attualizzare quel territorio altro, santo e caotico.

In questo mondo disincantato, smaliziato, disilluso, le parabole del passato possono ancora svolgere la funzione per la quale sono state formulate? Sembra di no. In occidente non riescono a provocare scandalo e conversione o, per lo meno, non alla velocità attesa (crescerà più in fretta una pianta, tirandola?), in oriente si sono svuotate della vitalità originale esattamente come il discorso della montagna di Gesù nei paesi cristiani. I templi giapponesi si stanno svuotando e non certo a causa della crisi economica o demografica! Che fare? E se ricominciassimo dalle biografie individuali? Cosa c’è di più parabolico della propria vita? Del resto, la vita del Signore Buddha è parabola, la Parabola. Allo stesso modo le nostre vite, giorno dopo giorno, sono occasioni di sovversione, di emancipazione…..

“Senza sapere
il male puoi incontrare
tu non puoi vedere
puoi fare solo un passo avanti
e, puoi morire”
(Gaia, una bambina di 7 anni, 2010)

La vita irrompe con forza nella nostra vita, scardina le nostre sicurezze, si burla di noi, è un rompicapo che ci inebria, ci terrorizza di mistero, ci fa rotolare nel mercantile, precipitare nella nostalgia come succede a coloro che partendo dal loro paese lasciano odori, colori, gusti, forme, relazioni e arrivando in un altro trovano una lingua diversa, case diverse, cibi diversi, feste diverse, sguardi diversi, persino malattie diverse e si ritrovano a oscillare tra ciò che sono stati e che non potranno più essere e ciò che ancora non sono. Un sentimento di irrimediabilità affiora, e, come tutti i sentimenti che trasportano verso qualcosa di impossibile da raggiungere, la nostalgia può portare disperazione. Però si può pensare anche ad una nostalgia che non comporti, necessariamente, la disperazione. Una nostalgia che lasci aperta la porta alla tentazione di un destino altro, di penetrare un territorio sconosciuto, ma non per questo impossibile da amare, un giorno.

Così come non c’è nessun luogo in cui andare, non cʼè nessuna vita passata da lasciare per una nuova, c’è, invece, un presente da contaminare con il passato “amando e facendo quello che si vuole”, come insegna Sant Agostino, o, come esortò un giorno lo sciamano, “risvegliandosi al sogno” e....Mahakasyapa sorrise al fiore che apparì davanti ai suoi occhi.

Ma che c’entra Mozart? Nulla. Mi chiedo dove sia finito il suo spirito. Certamente nelle magistrali repliche eseguite, con virtuoso talento, dai professori e maestri d’orchestra, ma il suo impeto creativo? Ascolta, ascolta…”Non camminare sulle tracce degli antichi; cerca quello che cercavano”, ci sussurra Bashô e con lui Charlie Parker e Jimi Hendrix.

Tutto della nostra vita ci dice che siamo cercati, facciamoci trovare, allora, di tanto in tanto, per poi di nuovo celarci e ricominciare il gioco d’accapo. Gioco che può essere giocato con modi e forme che ricalcano la tradizione, ma che anche si discostano o addirittura la tradiscono.

Erto Taigô Fumagalli
Lugano, 27 ottobre 2010

Partager